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Pasta al sugo di mamma: la ricetta di Marzia Pistacchio

La leggenda narra che Marzia Pistacchio venne alla luce in una grossa e grassa famiglia meridionale nel lontano 1977, sospinta dagli effluvi della conserva di pomodoro, e attirata dal profumo inebriante di basilico.

Cresce nella convinzione che il cibo è linguaggio e con esso comunica con ferocia e dolcezza. È truccatrice, insegnante di trucco, e dal 2016, ogni settimana tiene sul giornale locale IVG.IT la sua rubrica Rosso Pistacchio nella quale spesso finiscono, inconsapevoli, l’amato marito Marco e i figli Zoe e Elia e, ovviamente, le immutabili, intramontabili, succulente ricette di famiglia.

Chi è Marzia Pistacchio

Marzia Pistacchio è tanta roba, Marzia Pistacchio è straripante, Marzia Pistacchio è un tornado. Scegliete pure l’espressione che preferite, tanto il senso è quello. Chi la conosce, chi la incontra per la prima volta, chi ha la sventura di dover lavorare con lei se ne accorge immediatamente.

Marzia è un ciclone, ti travolge, ti sballotta. Ti conquista. Non ammette pausa o riposo dall’inventiva di chi ha accanto, ma non nega, mai, neppure una briciola di se stessa. È un continuo fluire di idee e di emozioni.

Per usare una metafora culinaria (come ama fare lei), ti frulla la testa e ti farcisce il cuore. O la ami o la odi. La stragrande maggioranza delle persone, in realtà, finisce per amarla, tanto è l’entusiasmo che ti dona in ogni cosa che fa.

Rosso Pistacchio

Pasta al sugo di mamma: la ricetta di Marzia Pistacchio插图Il suo libro Rosso Pistacchio, pubblicato da Golem Edizioni, è una raccolta di articoli di costume e società usciti sul summenzionato settimanale online, più alcuni racconti inediti. La rubrica ha raccolto molti consensi diventando un fenomeno social.

Gli inediti testimoniano la grande abilità dell’autrice nel cambiare registro e affrontano temi di più ampio respiro con una prosa cruda e diretta.

Il pretesto è la ricetta culinaria di famiglia che detta il ritmo, la partenza e i colpi di scena, di una sequenza narrativa piccante, cruda, a volte dolce, a volte spietata e secca, a volte liberatoria e goduriosa, come una pietanza della nostra infanzia.

Le illustrazioni di Giusy Ghioldi accompagnano, addolciscono, esaltano e, a volte, ubriacano come un buon vino fatto in casa.

E Marzia, oggi, ci ha voluto regalare una delle sue ricette contenute in Rosso Pistacchio.

La ricetta della pasta al sugo di mamma 

Ingredienti

  • Pomodori
  • Olio
  • Cipolla
  • Sale
  • Zucchero

Salsa

La preparazione della salsa per l’inverno in una famiglia meridionale non è faccenda sulla quale scherzare a cuor leggero.

Si tratta di alchimia, rito, cerimonia pagana, è un Sabbah nel quale inspiegabilmente i ruoli si ribaltano, il matriarcato rivendica il proprio dovere e gli uomini della famiglia diventano semplici esecutori di una danza che ha le donne come coreografe e maestre di cerimonia.

È un processo fatto di sterilizzazione, di calderoni di acqua calda e fuoco vivo, di strumenti taglienti e minuziosamente puliti, di macchie rosso sangue, di flussi di pelle, polpa e succhi, di pazienza e fatica , di persuasione e forza.

È una roba da donne. Come il parto.

La leggenda narra che nacqui il giorno successivo al giorno della salsa e che sembrassi un bel pomodoro da sugo.

Preparazione per la pasta al sugo di mamma

Per fare la pasta al sugo come fa la mamma bisogna prendere  dei bei pomodori rossi e maturi, ma va bene anche se non sono belli e se non sono maturi. Va bene prendere anche i pomodori che sono in frigo da un po’, quelli un po’ marcetti e mezzi congelati. Basta che siano pomodori.

Li dovete lavare ben bene e poi dovreste tagliar via il pegullo. A volte non lo taglio via , tanto poi frullo tutto e nessuno se ne accorge.

Mettete i pomodori in una pentola dai bordi alti con una cipolla e un filo d’olio. L’olio deve essere verde, pugliese e forte. Non fatevi mai vedere da un pugliese mentre cucinate con l’olio del supermercato. L’olio deve obbligatoriamente venire da giù con il camion, deve essere torbido come petrolio e costare altrettanto.

Devo dire che ho riscontrato che con due fili di olio il sugo viene più buono, con tre viene eccelso.

Accendete il fuoco bello vivo, perché non devono mica bollire e, quando vi sembra che la cipolla stia per annerire, aggiungete un pochino di acqua. La pentola tirerà un sospiro di sollievo e ingannerete i pomodori  che cominceranno ad arrendersi al calore.

Se nel frigo vi è avanzata della salsa (non quella aromatizzata, per carità) o dei pelati, aggiungete pure quelli, ma prima controllate che non abbiano fatto la muffetta sopra.

Mettete una presa di sale e lasciate andare. I pomodori perderanno tutta l’acqua ed è qui che voi dovrete osservare attentamente: dovete fare evaporare l’acquetta ma non attaccare il sugo.

Questo è il momento in cui aggiungeremo un bel mazzetto di basilico, meglio se raccolto dal giardino, ma va bene anche surgelato, essiccato no, fa obiettivamente schifo.

I pomodori sobbollono come magma vivo e il basilico esalerà il suo ultimo respiro abbandonando stremato tutto il proprio profumo

Appena i pomodori si saranno disfatti passate il tutto con un mixer a immersione. A lungo.

Il sugo cambierà colore e da rosso vivo diventerà una cremina arancione, marezzata di semini gialli sputati via dal cuore acquoso del pomodoro ciccione e tempestata di coriandoli verdi e aromatici.

A me i semini non hanno mai dato nessun fastidio, e nemmeno le pellicine, ma, se aveste invitati rompiscatole, potete passare il tutto. Io non lo farei. Di qualcosa bisogna pur morire.

Questo è ordunque il momento del segreto di famiglia, tramandato di generazione in generazione da grasse matrone pugliesi ad altre grasse matrone pugliesi: il cucchiaino di zucchero. Pare che smorzi l’acido del pomodoro, il che non è scientificamente provato , ma perché scontentare tutto l’albero genealogico di ave e trisavole? Che cucchiaino di zucchero sia.

Ora lasciatelo andare il sugo, e mettete in conto che comincerà a lanciare lapilli incandescenti nei paraggi, sulle piastrelle sui fornelli ma soprattutto sulle mani. La perfetta casalinga pugliese avrà preventivamente bardato il fornello con la stagnola, io non ne ho mai voglia e preferisco scottarmi cercando di parare gli schizzi e bestemmiando un po’.

Non copritelo che si deve restringere e ridurre. Ora viene la parte fondamentale : prendete un pezzo di pane e intingetelo nella parte della pentola dove il sugo è più ristretto. Tirate su il pane e con una mano su un fianco, soffiateci sopra chiamando a gran voce figli e nipoti perché lo assaggino.

Se non avete figli o nipoti, chiamate quelli dei vicini, se non avete vicini e bambini a cui farlo assaggiare, il sugo è sprecato e avete commesso peccato mortale e la vostra vita è alquanto insulsa e inutile.

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