“Violenza ostetrica: è sempre esistita o è un risultato della Pandemia? Cosa rischia l’ospedale e il personale medico?”

La violenza di genere non è un tema circoscritto alle mura domestiche o gli ambienti di lavoro. Anche nelle corsie d’ospedale la donna rimane vittima di un’assistenza sanitaria inadeguata, con il rischio sempre più frequente di tradursi in abusi. L’ultimo caso di violenza ostetricail neonato rimasto ucciso per soffocamento della madre fra il 7 e l’8 gennaio al Sandro Pertini di Roma – fa capo ad una lista che per l’indagine Doxa-OVOI Italia (2003 / 2017) attesta a circa 1 milione il numero di donne ad aver subito abusi e violazione dei propri diritti durante il parto. Risultano oggi circa 4 su 10 le madri italiane ad aver subito pratiche a danno della propria integrità fisica e morale: dai farmaci somministrati alle pratiche di taglio cesareo senza consenso.

Violenza ostetrica testimonianze. La vicenda del neonato deceduto presso l’ospedale Pertini di Roma è solo l’ultima testimonianza di una situazione drammatica. L’episodio ha infatti riaperto l’inchiesta dando voce ad altre donne che negli ultimi anni sono rimaste vittime della violenza ostetrica. Basta soffermarsi su alcuni community nate sui social per farsi un’idea. Molte sono le mamme che ricorrono a commenti, segnalazioni e notizie estrapolate dal web per riaccender il dibattito per sottolineare la gravità della situazione. Altre ancora trovano il coraggio di raccontare la propria storia personale.

Gruppi Facebook come Violenza ostetrica esperienze a confronto o campagne come Basta tacere: le madri hanno voce raccolgono da 7 anni le testimonianze delle donne vittime di maltrattamenti. Affidandosi anche ad associazioni autorevoli quali l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia.

“Dopo tre giorni di travaglio ero esausta – ha raccontato una neomamma – e ho chiesto aiuto al personale medico per accudire mia figlia: avevo paura di addormentarmi e non permettevano nemmeno a mio marito di restarmi affianco. Mi risposero di arrangiarmi, lasciandomi ad allattare la bambina senza alcuna assistenza”.

“Avevo passato quasi tre giorni di doglie – ha spiegato un’altra testimone – e quando chiesi l’epidurale si sono rifiutati. Avevo firmato preventivamente il consenso specificando che avrebbero dovuto effettuare la pratica se glielo avessi chiesto”.

La situazione è peggiorata con la pandemia?

I dati si sono gonfiati durante la pandemia da Covid 19, a causa delle restrizioni imposte negli ospedali. Fra i maggiori casi segnalati da Onlus e Centri di accoglienza, spiccano quelli di donne costrette da sole ad ore e ore di travaglio, senza la compagnia del partner o di un familiare, non adeguatamente assistite prima, durante e dopo lo sgravio. Fra le principali cause additate a un simile comportamento, gli stereotipi e pregiudizi di genere che porterebbero il personale medico a declassare il ruolo della donna anche in ambito sanitario.

Ecco come tutelarsi dal rischio di subire “violenza ostetrica”

Purtroppo, ad oggi, non esiste una normativa certa cui fare riferimento. L’unica eccezione è rappresentata dal ricorso al’art.7 Legge 24/2017 (Gelli Bianco) in tema di “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”. Di fronte alla  denuncia nei confronti di un membro del personale medico e struttura pubblica o privata, il giudice può determinare un risarcimento nei confronti della vittima in base all’entità del danno subito.

 

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